Una delle domande che molti si pongono è la seguente: basteranno il caldo e il sole dei prossimi mesi estivi a rallentare la diffusione dell’epidemia?
Il mondo si è fermato intorno al Coronavirus. Scienziati e medici stanno lavorando ininterrottamente per cercare quanto prima un vaccino, una cura. Ma se la comunità medica è impegnata su questo fronte, i ricercatori continuano a cercare correlazioni tra clima e diffusione del virus.
CORONAVIRUS E CALDO
In un’analisi sui dati racconti dalla Johns Hopkins University effettuata dal MIT di Boston è emerso come il numero massimo di casi di COVID-19 si è verificato in regioni temperate che hanno temperature comprese tra 3 e 13°C; al contrario, Paesi con temperature medie superiori a 18°C hanno visto meno del 5% dei casi totali.
Ricordiamo che il COVID-19 fa parte della stessa famiglia di Coronavirus alla quale appartiene l’influenza: nella stragrande maggioranza dei casi questi virus perdono il loro potenziale infettivo con il caldo in quanto viene danneggiata almeno in parte la loro integrità strutturale.
CORONAVIRUS E SOLE
Per quanto riguarda i le radiazioni solari, invece, si fa strada una nuova ipotesi: l’efficacia della radiazione UV nell’uccidere batteri e germi è infatti conosciuta fin dal 1800. Ad oggi la migliore sterilizzazione di un ambiente infetto viene effettuata con apposite lampade capaci di generare un’abbondante radiazione UV. Infatti alcuni organismi governativi cinesi hanno usato i raggi UV per combattere il COVID-19. Questi raggi sono in grado di penetrare in profondità nei tessuti, arrivando a interferire con il DNA, danneggiando in maniera irreparabile anche virus e batteri, rendendoli di fatto inattivi. I raggi UV sono la parte più piccola dell’energia in arrivo dal Sole ma è la componente solare più dannosa per gli esseri viventi. Riescono infatti a penetrare in profondità nei tessuti, fino a interferire con il codice genetico contenuto nel DNA delle cellule, e nel caso dei virus danneggiandoli irrimediabilmente tanto da renderli inattivi e incapaci di riprodursi.
Ecco infatti quanto afferma il Dr. Joseph Fair, virologo, epidemiologo e specialista in malattie infettive: ” Il sole può essere cruciale per limitare la diffusione del virus. Ci aspettiamo, nei mesi primaverili ed estivi, un possibile calo delle infezioni come normalmente accade con il raffreddore e l’influenza”.
CORONAVIRUS E VITAMINA D
“La Vitamina D è molto importante non solo per la salute delle nostre ossa, ma anche perché gioca un ruolo essenziale nel mantenimento di un corretto sistema immunitario. Questa vitamina infatti determina la produzione di un peptide , chiamato “catelicidina”, che ha una potente azione antibatterica ed antivirale – prosegue il Dr. Bruzzese – la sua azione viene svolta anche a livello dell’albero bronchiale, prevenendo malattie infettive polmonari. La Vitamina D inoltre rinforza il tono muscolare, prevenendo le cadute soprattutto nelle persone anziane, con aumentato rischio di fratture ossee. In questo periodo di forzata immobilità questo rischio è sicuramente aumentato”.
Non si può affermare che la Vitamina D protegga dal contagio del Corona Virus né che faccia guarire prima i pazienti, sottolineano gli esperti, ma una concentrazione sufficiente di questa vitamina può migliorare le nostre risposte immunitarie. L’esposizione al sole può anche evitare che si assumano in maniera sconsiderata , come sta avvenendo negli ultimi anni, prodotti a base di Vitamina D.
In ogni caso anche se in estate il clima dovesse avere un ruolo nel far rallentare prepotentemente l’epidemia, il nuovo coronavirus potrebbe anche ritornare in seguito con l’autunno, come altri virus respiratori. Sarà’ quindi necessaria anche nella fase 3 grande attenzione e molta prudenza perché il virus sarà ancora tra noi. Concludiamo quindi ricordando che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha infatti dichiarato: “Nessun segnale indica che in estate sparirà come la normale influenza”.